sabato 28 maggio 2016

Canonazos: Montecristo "Grand Edmundo" (EL 2010) VS Cohiba "Siglo VI" (2011)

A confrontarsi sul ring di DeepCigar sono questa volta due sigari importanti per tradizione e rilevanza nel panorama sigarofilo cubano.
Da una parte un grande classico di produzione ordinaria, il Siglo VI di Cohiba, datato 2011 e quindi con un invecchiamento di media rilevanza.
Dall'altra parte invece una produzione limitata (Montecristo Grand Edmundo) di un anno più vecchia, attualmente tra le più ricercate in ambito collezionistico.
La vitola de galera è la medesima (canonazo) e si identifica con un 52 di cepo e 150 mm di largo ma - ricordiamolo - le caratteristiche di partenza dei due sigari sono differenti: infatti i tabacchi del Grand Edmundo sono invecchiati pre-torcida per due anni e nel caso specifico l'invecchiamento post torcida vede un ulteriore anno di vantaggio per questo Montecristo (2010 contro 2011).
Come si sono comportati in corso di fumata? non vi resta che leggere qui sotto...

Cohiba Siglo VI (2011)
Esteticamente si presenta nel migliore dei modi, capa liscia priva di venature, tendenzialmente colorado. A crudo il tiraggio si dimostra perfetto con note dolci di miele e legno morbido.
I primi puff sono magnifici, il fumo è da subito cremoso: pepe bianco, miele, pasta frolla, nocciola, legno antico. I sapori sono dolci (e di alta qualità) ma è presente anche una leggera componente sapida ben amalgamata.
Partenza davvero ai massimi livelli, la finezza è rilevante, ottima l'intensità, post puff appagante e allo stesso tempo non troppo invasivo in modo tale da incentivare il fumatore a tenere il giusto ritmo di fumata. La componente speziata non è da sottovalutare: sulla punta della lingua è presente con decisione, ma senza esagerare: l'equilibrio aromatico è pur sempre uno dei punti di forza di questo canonazo...
Nel corso del primo tercio si aggiungono piccole note agrumate e un pizzico di acidità nei sapori che favorisce la salivazione. Ogni puff può offrire qualche sorpresa, un sentore balsamico, un passaggio legnoso differente, l'inserimento della vaniglia. La forza riscontrata è poco più che media (3,5/5)


Il secondo tercio si apre nel segno della continuità con il precedente settore: i sapori sono equilibrati tra il dolce (prevalente) e il sapido. Il doppio puff incoraggia il fumatore a qualche tentativo in tal senso con ottimi risultati. In questo modo il fumo si fa ancora più cremoso e le sensazioni si intensificano senza che ci sia nessun problema a livello di equilibrio gustativo, con una perfetta tenuta di aromi e sapori. Il legno e il miele continuano a tessere la trama, il pepe si accomoda temporaneamente in terza fila mentre talvolta si avvertono aromi di frutta tropicale.
Il comfort di fumata è massimo, la fumata si adagia rilassante senza picchi e stravolgimenti, pur con una serie di correzioni alla base del braciere che - a nostro avviso - non comportano grossi handicap. Si segnala una piccola crepa (ignorata a inizio fumata) che tende a ingrandirsi man mano che il braciere tende ad avvicinarvisi. Niente di preoccupante: il capote tiene alla grande evitando qualsiasi tipo di problema di combustione. La forza si mantiene costante, sempre sui 3,5/5.

Il tercio finale vede l'inserimento di note tostate piacevolissime che danno alla fumata un deciso cambio di ritmo: piccole sensazioni di caffè torrefatto, legno stagionato e il ritorno del pepe bianco fungono da linea guida per questo finale che comunque risulta inferiore ai due precedenti tercios dal punto di vista della finezza aromatica. La forza incrementa di mezzo punto (4/5) dando luogo a un finale appagante e più impegnativo rispetto al resto della fumata, con un ritmo di fumata che deve essere tenuto sotto controllo.

Complessivamente un sigaro che si conferma molto probabilmente come il miglior cubano di produzione ordinaria, il cui invecchiamento ha giovato in maniera marcata sulle caratteristiche organolettiche. Sono stati fumati due esemplari da questo stesso box (2011) ed entrambi si sono comportati in maniera identica, confermando quindi una costanza di rendimento, di sensazioni e di meccanica di fumata che non può certo essere taciuta. Sigaro costoso, ma che probabilmente vale tutti i soldi spesi per acquistarlo, tenendo anche presente il fatto che esistono cubani più costosi che probabilmente risultano meno performanti rispetto a questa piccola meraviglia dell'arte tabacalera cubana.

Punti di forza: Finezza e complessità aromatica
Punti deboli: Nessuno

Abbinamenti:
Alcolico: Birra Golden Ale
Analcolico: Caffè shakerato

Punteggio finale: 92/100

Montecristo "Grand Edmundo" EL 2010
Esteticamente molto invitante, capa impregnata di oli essenziali, piuttosto spessa.
A crudo tutta l'opulenza delle edizioni limitate di Montecristo: legno antico, fichi, caramello.
Tiraggio perfetto. I primissimi puff confermano le sensazioni a crudo senza nessuna esclusione.
A farla da padrone è subito il legno, profondo ed efficace. Il puff è ampio, molto cremoso.
Il primo tercio vede un'intensità aromatica davvero oltre la media: gli aromi sono quelli già evidenziati nei primi puff, al quale si aggiungono sentori terrosi, mentre i sapori sono generalmente sapidi con passaggi dolciastri solo alla fine del tercio in questione.
Nella parte iniziale, invece, si notano in retrogusto sapori amaricanti che comunque non infastidiscono caratterizzando invece il puff nella sua rotondità.
Dal punto di vista delle assonanze con altri sigari del brand si può dire che ricordi i migliori Petit Edmundo pur con forza nicotinica in questo caso inferiore (3/5 la forza rilevata nello specifico).
A volte si preferisce avanzare con il doppio puff per imbarcare un maggiore quantitativo di fumo, ma il tiraggio è in ogni caso corretto, anche se non certo abbondante.


Il secondo tercio si apre con aromi più fini e aggraziati: compaiono la mandorla e la noce, ma sono il legno (soprattutto) e la terra (in subordine) a gestire le sensazioni. I sapori evolvono: niente amertume, sapidità prevalente ma anche dolcezza in retrogusto. Significativo il caramello che ogni tanto punteggia il fumo con grazia dandogli quella personalità che su questo Montecristo non manca certamente. La combustione non è perfetta ma le piccole difficoltà riscontrate (pareggiamenti del braciere, un limitata tendenza all'assopimento del sigaro) si superano senza grosso penare.

L'ultimo settore vede la forza aumentare giusto di mezzo punto (3,5/5) e l'intensità aromatica rimanere intatta: ritorna il mix di sapori sapido-amari che aveva caratterizzato il primo tercio ma non c'è squilibrio nella fruizione. La persistenza post-puff è superiore alla media, il fumo particolarmente cremoso. Anche in questo settore degassifico e la fumata acquista punti, come se in qualche modo questa pratica sia in questo momento quasi necessaria per migliorare la "fumabilità" di questo Grand Edmundo.
Complessivamente un sigaro con una personalità tutta sua, adatto a un dopo pasto. Genericamente possiamo parlare di una fumata "rustica", non particolarmente fine anche se non mancano i momenti in cui è ovvio ricredersi soprattutto per meriti degli aromi (legno antico e caramello) più che dei sapori. In ogni caso si tratta di una fumata avvincente anche se distante come percezioni dalle edizioni limitate che lo hanno preceduto (Sublimes del 2008) e seguìto (520 del 2012) che risultano probabilmente superiori. L'impressione è che - in ogni caso - sia un canonazo destinato a migliorare ulteriormente in un ulteriore lustro di invecchiamento.

Punti di forza: Cremosità e intensità del fumo
Punti deboli: Finezza dei sapori

Abbinamenti:
Alcolico: Ruhm invecchiato
Analcolico: Cioccolato fondente 60% 


Punteggio finale: 89/100


Conclusioni:
Due sigari, quindi, diversi e complementari, costruiti per momenti differenti della giornata e che possono essere fruiti a seconda delle circostanze. A volte, e questo è chiaro a tutti, si preferisce guidare un fuoristrada, a volte una berlina con i sedili in pelle. Sta a voi decidere come e quando accendere il loro motore.
La battaglia tra questi due canonazos si è conclusa con un netto vincitore ma c'era da aspettarselo, non era questo il punto della questione. L'aspetto di maggiore interesse sta nella diversa interpretazione di questo modulo da parte di due "best brand" come Cohiba e Montecristo. Da una parte del ring si è piazzato un sigaro meditativo, con una velocità di crociera ridotta e confortevole fatta di aromi e sapori magnifici, con piccole gemme nascoste qua e là nel corso di fumata. Dall'altra parte un sigaro al contrario più rustico e deciso (attenzione: non più forte) con aromi e sapori completamente diversi che ha saputo declinare il suo essere cubano in altre direzioni, fatto di "strappi" più evidenti in corso di fumata.

sabato 30 aprile 2016

LANCEROS NICARAGUA (Parte II): Oliva "Serie V" Lancero VS My Father "N.4"

Eccoci pronti a concludere la nostra panoramica sui lanceros nicaraguensi.
Dopo aver degustato Joya de Nicaragua e Don Pepin (vedi articolo di marzo) è venuto il momento di parlare di Oliva e My Father.
Al termine delle due recensioni si cercherà di fare un resoconto complessivo di queste quattro fumate individuando non solo il vincitore (basterebbe considerare semplicemente il voto più alto) ma valutando generalmente l'esperienza delle quattro fumate.

OLIVA "Serie V" Lancero
Esteticamente il Lancero della "Serie V" di Oliva si presenta in maniera eccellente, con una capa priva di venature, liscia e vellutata, tinta colorado maduro.
A crudo molto intenso e di carattere: sentori alcolici, cacao e legno.
I sapori sono invece decisamente dolci.
I primi puff confermano le sensazioni a crudo con l'aggiunta di pepe nero in buona quantità e persistenza. La partenza è fulminea, senza alcuna necessità di presa di coscienza di quello che si sta fumando. Non è un inizio aggressivo, ma un apertura senza troppi preamboli, dritta al cuore delle percezioni.
Dopo un paio di centimetri le sensazioni cambiano: i sapori sapidi entrano a fianco di quelli dolci alternandosi con buona continuità. Gli aromi si dimostrano incisivi (molto) e si identificano nel legno stagionato, nel cacao, nel pepe nero e in sensazioni tostate. La forza in questo settore è piuttosto marcata (4/5) e i puff particolarmente appaganti. La cosa curiosa in questo frangente è la possibilità di percepire nitidamente il "botta e risposta" tra i sapori, dove la sapidità è avvertibile nella parte iniziale del puff mentre la dolcezza in quella conclusiva dell'espulsione del fumo.
Ragguardevole anche la nitidezza aromatica che fuoriesce soprattutto quando il puff viene effettuato tirando con poco vigore. Il fumo è cremoso, ampio, con un residuo piccante sulla punta della lingua che non disturba e prolunga il "peso specifico" di questo Lancero.

Il secondo tercio si apre con minore impatto nicotinico (3/5), il ridimensionamento delle sensazioni speziate e l'avanzata di aromi morbidi (legno e nocciola) affiancati a un pizzico di vaniglia. Il cacao continua a lavorare come aroma principale mentre sui sapori a volte si affianca una punta di amertume per niente fastidiosa. La meccanica di fumata è ottima, così come il tiraggio che si conferma senza sbavature. La cremosità del fumo incrementa ulteriormente e ormai il puff è denso come non mai, con una persistenza e un appagamento di molto sopra la media.

Nel tercio finale tornano a farsi sentire le spezie e compare un po' di carruba. L'equilibrio tra forza (3/5, quindi costante rispetto al tercio precedente) e intensità è sempre rispettato e la fumata continua piacevole e strutturata come nei tercios precedenti. L'evoluzione come da copione è stata percepibile (e in questo formato è quasi un obbligo) con una serie di piccole varianti che hanno reso la fumata dinamica e assolutamente priva di noia, con una finezza (anche nel settore conclusivo) che magari non si è dimostrata eclatante ma che in realtà, con un po' di attenzione, è davvero uno degli elementi di maggior pregio di questo Oliva.

Complessivamente questo Lancero si è dimostrato un sigaro al di sopra delle aspettative (anche in considerazione di un prezzo alla portata di tutte le tasche), capace di sviluppare una fumata completa, con quasi tutti i parametri ampiamente oltre la media del segmento di mercato.
Difficile trovare un punto debole, anche se forse la qualità intrinseca degli aromi non è tale da fargli sfondare quota 90 punti.
Questi ultimi infatti sono sì ben percepibili, ma non sono in grado di "catturare il palato" proprio per la loro natura non particolarmente prestigiosa. Da registrare un solo spegnimento (improvviso e inaspettato) nel primo tercio e una cenere compatta di colore grigio chiaro.

Punti di forza: intensità aromatica, dinamicità e persistenza post-puff
Punti deboli: qualità aromatica solo discreta

Abbinamenti
Alcolico: Baileys "Coffee Flavour"
Analcolico: Cioccolato fondente 60%


Voto complessivo: 89/100

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My Father "No 4"
L'esame del sigaro a crudo è davvero soddisfacente: la capa è colorado con riflessi dorati, ben tesa (molto spessa) con venature leggermente in rilievo. Il tiraggio sembra corretto mentre alla prova del puff si sente distintamente il cioccolato al latte e un pizzico di vaniglia (oltre a un cenno di spezie).
Una volta accesso la partenza è lenta, i primi puff sono interlocutori ma basta in realtà poco più di un minuto per far raggiungere a questo Lancero il proprio punto di decollo: legno morbido, vaniglia, pepe bianco e passaggi balsamici. I sapori sono esclusivamente dolci, anche se in retrogusto si nota un po' di piccante.

Il primo tercio sorprende per la forza nicotinica: My Father è notoriamente un marchio nicaraguense dalle non spiccate caratteristiche di forza e proprio per questo una valutazione di 3,5/5 della fortaleza di questo settore è in qualche modo inaspettata. A parte questo, si sottolinea una complessità di fondo ragguardevole: cioccolato al latte, cedro spagnolo, sentori vegetali, spezie orientali si fondono in un puff dalla media consistenza (in termini di cremosità) ma dalla elevata persistenza al palato. Sfuggono anche una serie di aromi che - in tutta franchezza - non si riesce a catalogare ma che "guarniscono" il piatto principale favorendo una ricchezza di fondo ben percepibile. Equilibrio? Non proprio centrato, visto che sembrerebbe preferibile una forza più contenuta per favorire una percezione più nitida di aromi e sapori (piuttosto delicati per la loro natura).

Il secondo tercio si apre con qualche problema di combustione (dovuta probabilmente alla capa piuttosto spessa, atipica per un lancero) e una meccanica di fumata non proprio delle migliori. Il sigaro tende spesso ad assopirsi e le attenzioni si sprecano. I sapori continuano ad essere esclusivamente dolci, forse un po' stucchevoli nella loro monotematicità. Gli aromi virano su un legno più consistente, una vaniglia più presente e inserti di frutta a guscio. Il cioccolato al latte resiste alle intemperanze del braciere, il pepe bianco lavora più che altro sul versante della persistenza post-puff. In definitiva un settore un po' stancante e un filo noioso, anche se la finezza è molto buona ma questo sembra non bastare per regalare le giuste sensazioni organolettiche.

A cinque centimetri dall'anilla si contano ormai 6 spegnimenti (2 nel tercio iniziale 3 in quello centrale e 1 in quello conclusivo) e ogni volta che si scuote la cenere per la riaccensione si nota che il ligero non è posizionato correttamente dando luogo ad un vistoso "cucchiaio"

Complessivamente un sigaro al di sotto del blasone e delle aspettative, con una complessità elevata ma dalla performance con più di un dubbio. La ligada sembra coraggiosa ma in fondo poco riuscita e troppo opaca per riuscire a rimanere ben viva nella testa del fumatore anche in funzione dei famigerati "cambi di ritmo" che qui mancano del tutto. La persistenza è buona ma alla lunga non gradevole, stantia e monotematica. Una piccola delusione, salvata solo da un parametro davvero soddisfacente: la complessità aromatica.

Punti di forza: complessità
Punti deboli: meccanica di fumata, sapori monotematici, equilibrio poco riuscito.

Abbinamenti
Alcolico: Liquore alla liquirizia
Analcolico: Chinotto

Valutazione complessiva: 85/100

Il tercio finale si apre con le medesime sensazioni del tercio precedente: la dolcezza eccessiva, la mancanza di varietà nei sapori e un equilibrio sempre un po' precario dovuto a una forza mal calibrata (intensità medio-bassa, forza medio-alta) non facilitano un fumo divenuto ormai noioso e senza variazioni di nota. Le impressioni iniziali sono ormai troppo consolidate e stagnanti tanto che la sensazione è quella di non aver più molta voglia di proseguire nella fumata, anche perché la combustione continua a non eccellere per via della consueta tendenza allo spegnimento.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE:
I quattro lanceros nicaraguensi si sono dimostrati all'altezza della loro fama con alcune necessarie precisazioni.
Tre di loro hanno sviluppato una fumata tipica del formato, anche in considerazione delle passate esperienze personali e si sono confermati su questo versante.
E' importante che il fumatore si approcci a questo formato con le giuste attenzioni ma è necessario che il sigaro - come contropartita - fornisca le giuste risposte, anche in funzione del fatto che non sempre c'è la propensione a fumare formati di questo tipo.
My Father (e questo è secondo me l'aspetto più rilevante) è stato incapace di sviluppare una fumata tipica per questo formato, dove le mutazioni delle sensazioni sono importanti almeno quanto la qualità degli aromi e dei sapori.
Oliva è risultato il sigaro che - al di là del blasone - ha sorpreso di più, risultando strutturato e piacevole dal primo all'ultimo puff.
Joya de Nicaragua è stato invece il sigaro che ha profuso maggiore opulenza, carattere e brillantezza. Al di là del voto complessivo è probabilmente quello che al fotofinish si aggiudica la palma del migliore. Altrettanto valida la proposta di Don Pepin Garcia, più giocata comunque nel solco della tradizione dei tabacchi nicaraguensi e quindi più idonea verso fumatori che si approcciano frequentemente con la proposta di questo Paese. Volete una classifica definitiva?
1) Joya de Nicaragua (89/100)
2) Oliva (89/100)
3) Don Pepin Garcia (88/100)
4) My Father (85/100)

sabato 26 marzo 2016

GRAN CORONA: Montecristo "A" VS Sancho Panza "Sanchos"

Il confronto tra due Gran Corona come il Montecristo "A" e il Sancho Panza "Sanchos" è davvero impegnativo e non solo per le dimensioni di questi due giganti.
Il primo è da tutti soprannominato "Il Re" ed è attualmente l'unico Gran Corona prodotto a Cuba.
Il secondo ha resistito fino al 2006 ai tagli di produzione ma anch'esso ha finito per essere purtroppo discontinuato, finale scritto per tutti questi formati decisamente oversize e usciti dall'orbita del cosiddetto "fumatore moderno".
Nello specifico abbiamo provato un Montecristo A datato 2001 e proveniente da un box da 25 esemplari (solo per ragioni di immagine è stato associato al box ligneo che vedete in fotografia più sotto) mentre il Sanchos proviene da un box da 5 esemplari datato 2004 in cui ciascun sigaro risulta a sua volta conservato in SLB come effettivamente vedete nell'immagine.
Ulteriore precisazione: visti i 235 mm di largo si è preferito evitare la consueta divisione in tercios evidenziando invece i passaggi nell'ambito di 30 minuti per ciascun settore.
Entrambi i sigari sono stati conservati al 65-67% di u.r.
Ecco il risultato della degustazione comparata.

Montecristo "A" (2001)
Esteticamente è magnifico e certamente più accattivante rispetto al pari vitola di Sancho Panza.
La chiusura della testa è da manuale, la capa è di medio spessore, straordinariamente uniforme e priva di venature. Al piede si nota la possibilità che il tiraggio possa avere qualche difficoltà e infatti il successivo taglio fa presumere un tiraggio difficoltoso.
In realtà sarà così soltanto in parte: all'inizio il tiraggio sarà solo leggermente costretto per poi peggiorare gradualmente fino a metà fumata dove risulterà effettivamente difficoltoso. La cosa, come vedremo, sarà risolta solo nell'ultima parte di fumata.

I primi puff sono improntati sulla frutta secca: noce e mandorla con una leggera acidità di base che comunque scompare nel giro di pochissimo.
Gli aromi e i sapori sono appena sussurrati, la partenza è molto lenta come da copione.
Il puff propone un fumo sottile ma comunque di sostanza: leggero pepe bianco si affaccia mentre il legno antico si intreccia con la mandorla. Il doppio puff in questa fase è probabilmente la scelta migliore visto che aumenta l'intensità aromatica e la mole di fumo che arriva in bocca.

Dopo 30 minuti di fumata i sapori si fanno più distinguibili: un mix di sapidità e dolcezza con leggera prevalenza di quest'ultima. La finezza aromatica, complice l'ampio invecchiamento, è all'apice ed è probabilmente il pepe bianco a guidare le sensazioni del palato, mostrandosi in maniera straordinariamente pulito e ricercato.
Dopo ulteriori 30 minuti la gamma aromatica è ormai definita: legno antico, pepe bianco, mandorla e cenni di erbe aromatiche si fondono in un elegante connubio, dove la forza nicotinica si attesta definitivamente su un livello di 1,5/5 rapportandosi con un'intensità aromatica di conseguente portata (e quindi con un equilibrio raggiunto). La persistenza post-puff è comunque buona, sintomo che il tabacco ha comunque mantenuto una sua impronta ben definita nell'arco degli anni (ben 14, ricordiamolo).

Dopo un ulteriore passaggio di altri 30 minuti le erbe aromatiche e il pepe bianco crescono leggermente di intensità, mentre il tiraggio si fa più difficoltoso: proseguire con il doppio puff (e a volte il triplo) diventa un esigenza. Positivo il fatto che il sigaro comunque non si scomponga pur essendo sottoposto a una serie di puff ravvicinati.
I sapori rimangono nel range dolce/sapido senza dare luogo a puff amari così come sarebbe nella logica delle cose.

Dopo 130 minuti di fumata il Montecristo A sfodera un cambio di ritmo importante, dove l'intensità aromatica cresce in funzione di una parte speziata sempre più consistente, diretta conseguenza di un legno antico che si fa progressivamente più incisivo. Il puff risulta così più appagante e persistente.
Davvero una svolta.
Le difficoltà di tiraggio si acuiscono leggermente tanto da dover procedere al taglio di parte della testa oltre la perilla per cercare di "saltare" con un po' di fortuna eventuali noduli alla base.
Operazione purtroppo non andata a buon fine, visto che il doppio puff continua ad essere necessario. Dal punto di vista evolutivo si segnala un sigaro mutevole ma al di sotto delle aspettative visto il formato ampiamente propenso a questa caratteristica.

In questa fase il fumo è più denso e gli aromi sono comunque armoniosi e ben intrecciati tra di loro (pepe bianco, nocciola, legno pregiato, cacao amaro) con sapori leggermente più incisivi rispetto al passato e una predominanza delle sensazioni speziate. La forza sale fino a livello 2,5/5 in completa armonia con l'intensità di aromi e sapori.
Dopo un paio di ulteriori centimetri i problemi di tiraggio risultano definitivamente superati e ci si prepara così al finale di fumata: la vaniglia (tipica del brand) si fa sentire e si aggiunge alla frutta secca a guscio, al cacao amaro e all'onnipresente pepe bianco dando vita ad un finale degno di questa vitola con una persistenza al palato molto positiva.

Complessivamente si è trattata di una fumata molto rilassante e armoniosa, dove la lunga durata del sigaro (poco meno di tre ore) non si è dimostrata ostacolo ad una fruizione che per qualcuno potrebbe risultare eccessivamente lunga.
L'ostacolo più importante si è dimostrato invece il tiraggio che alla lunga ha certamente influito negativamente sulla necessità di imbarcare con semplicità il giusto quantitativo di fumo.
Al di là di questo aspetto, il Montecristo A ha ampiamente vinto la sfida sul versante della finezza e dell'eleganza, risultando invece nella norma per quanto riguarda intensità aromatica e complessità.
Da sottolineare gli ultimi 30 minuti di fumata: densi, appaganti e pieni di soddisfazione che riscattano in parte le difficoltà sommatesi progressivamente nell'ambito della meccanica di fumata.

Punti di forza: Eleganza e finezza
Punti deboli: Tiraggio difficoltoso ed evoluzione sotto le aspettative

Abbinamenti consigliati:
Analcolico: Acqua gasata
Alcolico: Non consigliato

Voto complessivo: 89/100
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Sancho Panza "Sanchos" (2004)

Esteticamente si presenta abbastanza bene anche se la capa non è delle migliori, soprattutto rapportata con quella del Gran Corona di casa Montecristo.
A crudo flebili sensazioni legnose, poco da raccontare.
Il tiraggio si mostra subito perfetto, l'accensione è immediata e agevole.
I primi puff sono subito di ottimo auspicio: legno morbido, crosta di pane, miele. I sapori sono fin da subito dolci e ben si abbinano alla gamma aromatica proposta. Si nota immediatamente come il sigaro bruci abbastanza velocemente, con una combustione efficace evidenziando una cenere molto più chiara rispetto a quella del Montecristo A.

Dopo 30 minuti di fumata facciamo il punto della situazione: la gamma aromatica percepita è di grande finezza ed eleganza: il legno aromatico è morbido e gentile e si sposa con il miele e leggerissime spezie presenti in retrogusto. La nocciola fresca completa un bouquet di buona complessità nell'ambito di un'intensità medio-bassa. La forza è commisurata e si attesta sui 2/5.
Il fumo ha una buona cremosità e la persistenza del puff dà altrettanta soddisfazione.
Quando cade il primo blocco di cenere si evidenzia la classica forma conica del braciere che comprova effettivamente l'ottimo tiraggio e l'eccellente combustione.

Dopo ulteriori 30 minuti siano di fronte a un ulteriore passaggio: il sigaro ha pienamente raggiunto la fase di crociera e si mostra in evoluzione. Sentori di noce moscata si inseriscono su un legno mutevole e una certa sapidità si allaccia alle sensazioni dolci. Il miele permane ma cala di intensità. Il fumo è più cremoso e abbondante, gli aromi sono intricati e ottimamente amalgamati: nessuna traccia di spigoli o forzature. Intensità e forza nicotinica permangono nella stessa misura riscontrata nel settore precedente. Una fase davvero inebriante dal punto di vista della soddisfazione palatale, niente da dire.

Se possibile nel settore successivo (altri 30 minuti di fumata) il sigaro migliora ulteriormente: compare il cacao, opulente e ben distinguibile e si innestano passaggi balsamici molto apprezzati che rinfrescano la fumata. Permane il legno e la nocciola mentre la parte speziata (pepe bianco) fuoriesce dalla nicchia del retrogusto per affacciarsi senza più timori nelle linee della gamma aromatica. Il connubio cacao-miele è splendido e per certi versi entusiasma.

Ulteriore step di 30 minuti: l'intensità della fumata cresce, la forza si adegua di conseguenza: il livello raggiunto è quello medio (3/5). Quello che stupisce è la costanza qualitativa della fumata, mai sopra le righe e mai difficoltosa: le correzioni in oltre due ore di fumata sono state solo un paio e in concomitanza con la caduta della cenere, quindi più che giustificate. Spezie e miele continuano a lavorare sulla consueta base legnosa preparando il finale di fumata: tornano le sensazioni di pane caldo che donano qualcosa in più in termini di completezza.
Il finale arriva senza sobbalzi, con naturalezza: si registra un leggero aumento di sapidità con aromi legnosi e terrosi (con aggiunta di spezie) sicuramente in prima linea.

Complessivamente si è trattato di una fumata completa, di ampia visione, strutturata e fortemente evolutiva: un vero viaggio con tanto di tappe nel mondo del tabacco cubano.
Tante le sfumature e i passaggi, un sigaro che si è proposto con una buona complessità, un'intensità adeguata al livello della carica nicotinica e una finezza ragguardevole oltre che a una armonia invidiabile. Dal punto di vista evolutivo si è dimostrato un sigaro pari a nessun altro così come eccezionali si sono rivelati tiraggio e meccanica di fumata. Un grande puro sotto parecchi punti di vista.

Punti di forza: Evoluzione e meccanica di fumata
Punti deboli: Nessuno

Abbinamenti consigliati:
Analcolico: Succo di frutta tropicale
Alcolico: Prosecco Superiore di Valdobbiadene

Valutazione complessiva: 94/100
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Considerazioni finali:
I due Gran Corona sono stati fumati nell'arco di un solo giorno di distanza e quindi le differenze sono ancora più evidenti. Il diverso invecchiamento (2001 per il Montecristo, 2004 per il Sancho Panza) non ha portato a differenze, infatti in entrambi i casi si può parlare di sigari al culmine della loro maturazione. Il Sancho Panza si è dimostrato leggermente più "corto" in fumata (165 minuti di tempistica contro i 175 del Montecristo).
Il deficit principale e la differenza sostanziale è stato il tiraggio difficoltoso del Montecristo che non solo ha reso difficoltosa la fruizione ma ha reso anche l'intera fumata sicuramente meno compiuta, a partire da un'evoluzione che è risultata sotto le aspettative per il Montecristo "A". La persistenza post-fumata è risultata appannaggio del Sancho Panza (più duratura e incisiva) mentre a favore del Montecristo si può leggere una vivacità migliore in termini aromatici nel singolo puff, ma non in tutti i settori di fumata. I cinque punti di distacco sono molti, ma non si può certamente affermare che il Montecristo "A" sia di livello inferiore, in funzione di esperienze passate dove i problemi di meccanica non si erano proposti. Ma per quanto riguarda il caso specifico nessun dubbio su quale sia stata l'esperienza "fumosa" in grado di regalare le migliori sensazioni.

venerdì 4 marzo 2016

LANCEROS NICARAGUA: Joya de Nicaragua "Serie Antaño 1970" VS Don Pepin Garcia "Serie Original"

 
In questa degustazione comparativa ci siamo approcciati a un formato ormai per molti desueto che rischia, almeno per noi italiani, di essere sempre più merce rara: il Lancero
Dopo l'addio alle importazioni di Cohiba e Trinidad (per questo secondo ci permettiamo di accumunarlo alla "famiglia" pur non essendo a stretto rigore il medesimo formato) rimangono disponibili in Italia solo quattro Lanceros: Joya de Nicaragua "Serie Antaño 1970", Don Pepin Garcia "Serie Original", My Father "N. 4" e Oliva "Serie V".
Le misure di questi quattro sigari non sono perfettamente identiche ma in senso assoluto i quattro Lanceros sono paragonabili tra loro per tempistiche e tipologia di fumata.
Tutti e quattro i sigari hanno una lunghezza differente e si va dai 195 mm di JdN fino ai 175 mm di Oliva, passando per i 190 mm del Don Pepin e i 193 mm del My Father.
La differenza più evidente riguarda quindi il lancero di casa Oliva, sensibilmente più corto rispetto agli altri (addirittura due centimetri in meno rispetto al My Father) e privo della tradizionale chiusura a "pig tail".
Per quanto riguarda il cepo tutti e quattro hanno le stesse misure, se si fa eccezione per il My Father, con un cepo impercettibilmente più marcato.
In questo articolo prenderemo in esame Joya de Nicaragua e Don Pepin Garcia, certamente i più intensi e i più marcati in termini di carica nicotinica. In futuro compareremo invece i restanti, molto diversi da questi e in grado di essere paragonati con maggiore rigore.
Alla fine delle quattro degustazioni proveremo a fare un bilancio conclusivo delle fumate cercando di individuare pregi e difetti a favore di una possibile scelta consapevole da parte dell'aficionado.
Tutti i sigari in questione sono stati conservati in humidor dedicato alle produzioni caraibiche non cubane con u.r. pari al 72-73%
 
Joya de Nicaragua
L'aspetto è invitante, la capa è lucida, di un bel colorado maduro.
Il sigaro si presenta con la tradizione chiusura a "pig tail", tipica di questo formato elegante e raffinato.
Al piede si intravede la possibilità che il tiraggio sia ampio e infatti a crudo e in fumata la sensazione si trasformerà in realtà. Prima dell'accensione sono ben chiare note dolci piuttosto marcate di legno e di nocciola.
 
I primi puff sono immediatamente sul pezzo, non c'è spazio e tempo per prendere confidenza con la fumata: subito si rivelano pepe nero, sentori marcati di carruba e legno stagionato di ottima intensità.
La forza è immediatamente su un livello di 4 punti su 5, la conferma è data dal passaggio del fumo dal naso che evidenzia come la nicotina (complice anche una conservazione a umidità oltre il 70%) sia ben presente.
La mole di fumo è imponente, a conferma del fatto che non è il diametro di un sigaro che determina la quantità di fumo ma la costruzione generale, la conseguente combustione e ovviamente le modalità di conservazione dello stesso.
L'intensità aromatica è molto elevata e si evidenzia un post-puff persistente e marcato. I sapori sono tendenzialmente sapidi mentre la dolcezza - avvertibile senza sforzi di concentrazione - è presente in sottofondo. A metà del primo tercio di decide di rallentare i puff e il ritmo si calma leggermente, cosa positiva visto l'impatto iniziale per palati forti. Così facendo si rileva più armonia e si percepisce meglio la qualità degli aromi che in questa fase è molto più che apprezzabile.
 
Il secondo tercio si propone con cacao, anice e frutta secca (noce) e questa fase promuove una delle qualità che fino a questo punto era rimasta in parte inespressa: la complessità.
Si nota anche un leggero amaricante che si sposa perfettamente con la base aromatica proposta.
Davvero godibile.
La forza scende di mezzo punto, il fumo è molto cremoso e appagante anche se un po' caldo nonostante il diradarsi dei puff. Per questo occorre rinfrescare il palato con una bibita fresca e qualche bollicina analcolica, certamente un bel modo per non appesantire il palato.
Il pepe solletica il palato mentre i sapori virano più sul versante della sapidità facendo accomodare la dolcezza solo nel retrogusto e nel post-puff.
 
Il tercio finale è ancora una volta molto incisivo, speziato e complesso con una forza che si fa sentire tornando ai livelli iniziali (4/5). L'equilibrio è comunque rispettato grazie a un'intensità aromatica sopra le righe: l'idea di "spostare" l'anilla per continuare a godere della fumata è quasi un obbligo.
Il risultato? ancora noce, carruba e legno stagionato fine e gradevole.
Emotivamente si tratta di un sigaro con una spiccata personalità, da fumare dopo i pasti, cercando il più possibile di mantenere un ritmo lento e cadenzato. Ciò risultata possibile, visto che l'appagamento è marcato e non si sente certo il bisogno di ripetere con elevata frequenza il puff.
Sigaro nicaraguense con elevate qualità organolettiche, meccanicamente perfetto e complesso oltre la media con una certa originalità negli aromi proposti che lo "staccano" da altri sigari con le medesime caratteristiche. L'evoluzione complessiva è soddisfacente anche se non è certo questo il pregio migliore di questo lancero a cui però non si può certo chiedere tutto.
Rapporto qualità/prezzo assolutamente da sottolineare (e con un certo entusiasmo...)
 
Punti di forza: complessità e grande cremosità del fumo.
Punti deboli: una certa irruenza del tercio iniziale
 
Abbinamenti:
Alcolico: Vino passito
Analcolico: Acqua gasata con limone
 
Valutazione complessiva: 89/100
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Don Pepin Garcia
Esteticamente si presenta ottimamente, con una capa abbastanza spessa e lucida
A crudo si percepiscono sentori di mandorla e cioccolato fondente piuttosto marcati.
Il tiraggio a crudo sembra leggermente costretto, mentre in realtà nel corso della fumata si dimostrerà impeccabile.
 
I primi puff sono intensi: pepe nero, legno stagionato e mandorla sono gli aromi che vengono inizialmente proposti da questo Don Pepin.
In seguito si fanno largo cenni di caffè in grani e una tendenza generalmente sapida che in ogni caso non sbarra la strada a una componente dolce ben rilevabile soprattutto nella prima parte di espulsione del fumo.
Progressivamente le sensazioni dolci si intensificano e risultano di buona qualità e finezza.
Il legno aromatico dopo un paio di centimetri prende il sopravvento ma è il cioccolato fondente a scandire i tempi e i ritmi di fumata con un pepe che si ridimensiona progressivamente nel corso del primo tercio di fumata. La forza è media, rilevabile con 3 punti su 5, mentre combustione e meccanica di fumata sono senza sbavature.
 
Il secondo settore conferma le sensazioni provate fino a questo punto: tutto si gioca nell'equilibrio (riuscito) tra il cioccolato e il caffè in grani, tra una dolcezza prevalente e un tostato di gran classe che riesce a fungere da punto di incontro tra i vari aromi.
A questo punto della fumata è bene rilevare come effettivamente ci sia stata un'evoluzione delle sensazioni piuttosto marcata, con aromi e sapori che si alternano riproponendosi ciclicamente all'interno dei puff.
Il fumo è della giusta quantità, cremoso e vivace sia al naso che al palato mentre la sensazione che il sigaro migliori di pari passo con l'avanzata del braciere sembra essere una effettiva realtà.
La carica nicotinica nel secondo tercio si equivale rispetto al primo, mentre l'intensità raggiunge il suo apice.
 
Il tercio finale vede il ritorno delle sensazioni speziate: ancora pepe nero (questa volta in un lento crescendo di intensità) ma soprattutto cacao amaro e caffè. Quest'ultimo aroma diventa con l'avanzare del braciere l'aroma dominante, mentre a livello di sapori il sapido prende il sopravvento, affiancato da un leggero amaricante che ben si abbina con una gamma aromatica decisamente più incline all'appagamento sensoriale che non alla finezza aromatica. Anche la forza subisce una leggera impennata (incremento di un punto) ma il quadro d'insieme rispetta senza dubbio l'equilibrio generale tra intensità e forza.
 
Dal punto di vista emozionale siamo di fronte a un sigaro completo, valido sia sul versante della complessità che su quello dell'intensità degli aromi e dei sapori proposti. La fumata cambia con una regolarità tale che è impossibile non definire il lancero di Don Pepin  come evolutivo.
Una delle doti che maggiormente balza all'occhio riguarda l'armonia con la quale si sono sviluppati in tercios: da un primo settore "introduttivo" delle qualità del sigaro a un secondo tercio vivace e completo, per finire con un tercio maggiormente corposo e di sicuro appagamento sensoriale.
Inoltre la finezza, pur non essendo eccezionale, dimostra ancora una volta come i nicaraguensi possano affilare le proprie armi anche su questo versante, affiancando questa qualità alle indiscutibili doti di corpo che caratterizzano - come da tradizione - il tabacco della Terra dei Vulcani.
 
Punti di forza: evoluzione e struttura
Punti deboli: tercio finale rustico
 
Abbinamenti:
Alcolico: Ruhm
Analcolico: Caffè espresso
 
Valutazione complessiva: 88/100

 
 

domenica 31 gennaio 2016

ROMEO Y JULIETA PIRAMIDES: "Seleccion Piramides" VS "Anejados"


Con questa seconda degustazione prendiamo in esame due esemplari di Piramides del brand Romeo Y Julieta.
Il primo di questi proviene dalla Seleccion Piramides messa in commercio da Habanos nel 2003 e contenente, nello stesso formato, i marchi Cohiba, Romeo y Julieta, Hoyo de Monterrey, Montecristo e Partagàs. Ogni anno questa produzione speciale viene rinnovata e messa sul mercato dando quindi continuità a questa "special release".
Casualmente, siamo entrati in possesso di un esemplare del 2008: lo stesso anno di produzione dell'altra Piramide presa in considerazione in questo articolo, appartenente alla nuova linea Anejados.
Tralasciando le caratteristiche specifiche di questa produzione lanciata nel 2015, ci concentriamo invece sulle differenze tra questi due sigari, fumati in un breve lasso di tempo l'uno dall'altro e tenuti in humidor alle stesse condizioni climatiche di umidità e temperatura.

 

Piramide "Seleccion Piramides" (2008)

 
Esteticamente si presenta in maniera egregia: la capa è di tonalità piuttosto scura, quasi colorado-maduro e la costruzione pare assolutamente impeccabile.
Il tiraggio (così come in seguito la meccanica di combustione) è efficace e senza problemi di sorta.
A crudo molto intenso: pepe bianco e legno aromatico sono le sensazioni che balzano subito all'occhio.
All'accensione si capisce subito che si andrà incontro a una fumata molto interessante: pepe bianco abbastanza marcato, cedro e vaniglia sono le prime sensazioni che si presentano. In seguito saranno la costante di questa fumata, se si esclude la vaniglia che scomparirà quasi subito.

L'intensità di questo primo tercio è ottima, i sapori dolci sono contrastati da una certa piccantezza e una leggera sapidità che avvolgono e soddisfano.
Legno stagionato, corteccia, noce moscata, sporadiche tracce balsamiche completano un bouquet di tutto rispetto, dando vita a una complessità che non si può non definire quasi eccezionale.
La persistenza post-puff è marcata, mentre la forza si attesta su quota 3,5/5.
Il fumo è pastoso, ampio. A tratti questa Piramide si manifesta come RyJ ma in generale sembra essere fornita di maggior "peso specifico" e di una struttura più corposa rispetto alla media del brand.

Nel secondo tercio si avverte leggermente il miele, nascosto nel legno stagionato, mentre
le spezie regrediscono di intensità e presenza.
La forza cala di mezzo punto e cresce la finezza aromatica: ora il sigaro è più elegante e più vicino ai classici Romeo Y Julieta.
Il cedro diventa l'aroma principale insieme al miele, il fumo rimane corposo e abbondante con una persistenza in bocca notevole.

Il tercio finale vede l'ingresso di erbe aromatiche che punteggiano il puff in maniera molto marcata: persiste il miele e il legno si fa stagionato, profondo. Le spezie (pepe bianco) si rifanno vive ai lati della lingua mentre la forza torna sui livelli iniziali guadagnando il mezzo punto perso del settore centrale. Il fumo si fa più sapido, le note dolci si accomodano in retrogusto: il giusto finale per una fumata appagante.

Emotivamente possiamo parlare di una fumata inaspettata, per certi versi stupefacente: questa Piramide è costantemente piacevole, discretamente evolutiva ma soprattutto espressiva e intensa. Gli spunti di riflessione sono parecchi, a partire dal fatto che solo a tratti sembra essere un prodotto marchiato RyJ: per il resto sembra appartenere alla linea classica di Cohiba, con quella particolare progressione armonica e quell'incisività tipica del marchio dell'Indio. Altra nota da sottolineare: la persistenza post-fumata è molto elevata e di gran qualità, a conclusione di un'esperienza davvero sopra le righe.


 
Punti di forza: Intensità aromatica e persistenza
Punti deboli: Nessuno

Abbinamenti:
Alcolico: Franciacorta Pas Dosé
Analcolico: Chinotto

Valutazione complessiva: 92/100
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Piramide "Anejados" (2008)

 
La Piramide "Anejados" si presenta con una capa colorado, lucida e grassa.
A crudo sono apprezzabili sentori di legno di cedro e miele, mentre il tiraggio risulta perfetto.
In seguito all'accensione (agevole e immediata) si percepiscono pepe bianco marcato, miele e frutta secca a guscio (nocciole e arachidi). Niente male davvero, soprattutto sul versante complessità.
I sapori sono piuttosto intensi e si concretizzano in un mix di sapidità e dolcezza (sicuramente prevalente).
Il pepe si sente in retrogusto e in post-puff, ma si tratta di una sensazione mai sopra le righe, sempre equilibrata nell'ambito degli altri aromi percepiti.

Dopo un attacco comunque deciso, si sente la necessità di abbassare il ritmo dei puff per ragionare meglio sulle percezioni aromatiche che si sviluppano in questo modo con migliore chiarezza.
Sembra proprio questo il punto focale di questo primo tercio di fumata: distanziare i puff il più possibile per godere di un fumo il più possibile "fresco", capace di esaltare questo tabacco.
La complessità è molto buona, così come la finezza generale degli aromi proposti.
La forza di questo primo settore si attesta in 3 punti su 5 complessivi, quindi perfettamente al centro rispetto alla scala di valori.

Il secondo tercio si apre con fantastiche note di pasta frolla in evidenza, sempre su base leggermente mielosa. Si tratta di una svolta che abbiamo già riscontrato in altri esemplari e che a questo punto sembra essere un vero e proprio marchio di fabbrica di questo sigaro.
Il pepe bianco persiste pur perdendo di intensità rispetto al settore precedente.
I sapori adesso sono esclusivamente dolci, piuttosto marcati e ben delineati.
Il fumo è abbastanza cremoso ma non mancano saltuarie sensazioni dry che comunque rendono la fumata dinamica e non priva di spunti. La forza è costante.
Trovo che sia particolarmente indicato in questo frangente rilasciare il fumo lentamente dalla bocca: in questo modo le percezioni sembrano più nitide e svelano diverse sfumature di legno (cedro, legno verde, legno antico) che ben si innestano sui sapori dolci in abbinamento con il pepe bianco. Ottimo davvero, probabilmente il tercio di fumata migliore.

Il tercio finale è leggermente più intenso, ma probabilmente per il naturale avanzamento del braciere e non per altro: la base è legnosa ma permangono la pasta frolla e il miele, con una finezza aromatica che non viene mai meno. Il puff produce sempre un ingente mole di fumo e sotto questo punto di vista le similitudini con l'altra Piramide sono evidenti: la costruzione in entrambi i casi è risultata assolutamente di grande pregio.
Questo tercio "finisce" in realtà un po' presto, prima di quanto ci si dovrebbe aspettare. Si è ancora lontani dall'anilla quando l'equilibrio improvvisamente viene meno e si ha la netta sensazione che il sigaro sia sulle corde. Niente di male, solo una fine un po' avventata di un sigaro che si sarebbe voluto vedere costante e reattivo fino all'ultimo centimetro.
 
Punti di forza: complessità e finezza
Punti deboli: finale di fumata improvviso

Abbinamenti:
Alcolico: Prosecco di Valdobbiadene
Analcolico: Acqua tonica

Valutazione complessiva: 90/100
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Considerazioni finali

Si è trattato di una sfida ad alti livelli, questo è chiaro.
I due sigari per certi versi si assomigliano, ma sono più le divergenze che le assonanze.
L'invecchiamento di entrambi (7 anni) li pone sullo stesso punto di arrivo ma con risultati differenti. Il Seleccion Piramide è un sigaro di una personalità evidente, cangiante e intenso pur rimanendo nell'ambito di una forza media.

L'Anejados gioca le sue migliori carte sul versante della finezza della gamma aromatica, sempre brillante e ben identificabile.
Quest'ultimo sembra essere più adatto a una fumata mattutina, dove il palato non inquinato riesce a percepire con maggiore sicurezza le numerose sfumature proposte: una fumata più meditativa, quindi.

I due punti di differenza a favore del "Seleccion Piramide" non devono quindi ingannare oltre modo, a prevalere è stata la sensazione di un sigaro "più completo", null'altro.
Attribuire all'Anejados un difetto di incompiutezza sarebbe alquanto ingeneroso ma, in ogni caso, la sfida ad armi pari sembra avere avuto un suo vincitore, chiaro e inequivocabile.
Ovviamente fino al prossimo assaggio!

venerdì 1 gennaio 2016

DALIAS CUBANE: Un mondo da riscoprire

Come primo articolo vi proponiamo un confronto tra quattro dalias cubane, tre delle quali ancora in produzione sull'Isla Grande. La degustazione "verticale" è stata realizzata su esemplari il cui anno di produzione è stato indicato accanto al nome del sigaro. Ovviamente questo fattore può incidere notevolmente con il responso finale ma ciò che è importante sottolineare è che nessun sigaro è stato fumato in giovane età.

Il formato cubano "dalia" vede sul mercato quattro veri fuoriclasse, tutti caratterizzati da qualità di eccellenza e da particolarità che li accomunano: grandi capacità evolutive, generosità negli aromi proposti e tempistiche adatte a chi ricerca confort e relax. Purtroppo in Italia è possibile acquistare soltanto due di questi (Partagàs e Cohiba) mentre per accedere ai rimanenti due (La Gloria Cubana e Bolivar) è necessario andare oltre confine.
Si tratta di sigari prestigiosi, destinati ad aficionados di lungo corso: dall'intramontabile 8-9-8 di Partagàs al magnifico Siglo V di Cohiba, dall'armonico Medaille D'Or n. 2 di La Gloria Cubana all'incisivo Inmensas di Bolìvar. In tutti i casi si può parlare di grandi classici della manifattura Habanos, ricercati dagli appassionati e forse un po' dimenticati dal mercato attuale, sempre più alla ricerca di sigari con cepo elevato e largo ridotto.
In ogni caso c'è davvero da andare sul sicuro quando si accende uno di questi quattro capolavori ma... Quale di questi si è dimostrato in grado spuntarla sugli altri? Scopriamolo insieme.

La Gloria Cubana "Medaille D'Or n. 2" (2004)

A crudo le sensazioni sono dolci, di miele e di legno di cedro. L'apparenza è nella norma, con una capa colorado che profuma di legno.
L'attacco è gentile, armonioso negli aromi che giungono al palato. Il tiraggio è corretto, senza eccessi né mancanze.
Il primo settore di fumata vede l'arrivo di sensazioni floreali, mielose e di legno giovane dotate di una finezza eccezionale. L'intensità aromatica è nella media, mentre la forza è rilevabile come medio-bassa (2,5/5). Il sigaro è elegante, profumato e confortevole.
Il secondo tercio vede il sigaro decollare a livello di intensità, con leggere spezie (pepe rosa) a punteggiare in sottofondo i sapori dolci e sempre avvolgenti. Note tostate si aggiungono, intervallate da legno di cedro e menta dando vita a una fumata fresca, sempre improntata su miele e aromi floreali. La forza è costante rispetto al tercio precedente mentre la meccanica di fumata e il tiraggio sono senza problemi.
Il tercio finale vede il pepe rosa incidere ulteriormente sulla gamma aromatica, il legno di cedro cambia intensità e sfaccettature. L'evoluzione è evidente, con perdita della freschezza a favore di maggior corpo. I sapori sono sempre dolci ma le percezioni sono differenti. La forza sale di mezzo punto.
Complessivamente un sigaro molto vivace, cangiante e molto fine, con una buona complessità. L'intensità è costantemente in ascesa, in equilibrio con la forza. Un cubano di grande spessore.
Dal punto di vista emozionale si tratta di un sigaro in grado di superare con agilità le difficoltà di interpretazione che molte volte il fumatore incontra con formati di questo tipo, dove è molto importante distanziare i puff ma allo stesso modo trarre il massimo "profitto" dal fumo a disposizione. Si tratta quindi in generale di una fumata di agevole interpretazione, adatta a fumatori di lungo corso ma anche a chi si approccia da poco a questo formato.

Valutazione complessiva in centesimi: 91/100
Punti di forza: Finezza ed evoluzione
Punti deboli: Alcuni spegnimenti

Abbinamenti:
Alcolico: Mojito
Analcolico: Acqua e menta
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Bolivar "Inmensas" (2000)

A crudo le sensazioni sono sbiadite, solo un filo di legno pregiato nel tiraggio, ma tutto ciò è normale: l'esemplare ha qualche anno sulle spalle. La capa è colorado, sottile e priva di venature in rilievo.
L'attacco è in stile Bolivar, molto old style per la verità: fumo deciso e rustico, nulla sembra destinato al fumatore occasionale e impreparato.
Il primo tercio si sviluppa su note terrose con una sottile vena amaricante molto piacevole. Il legno antico è il partner ideale rispetto alla terra: in questo "Inmensas" i due aromi si fondono alla perfezione. I sapori sono sapidi ma non manca un retrogusto leggermente dolce in fase terminale. Le spezie sono leggere ma di grande qualità, la forza è media (3/5)
Il settore centrale si apre con il legno pregiato che passa a dominare la scena: spezie (più incisive) e punte minerali accompagnano la terra che si accomoda in secondo piano. L'elemento dolciastro sale di intensità mutando lo scenario gustativo: il fumo è più fine e meno rustico, mentre la forza rimane costante.
Tercio finale ancora in crescita: frutta matura, legno "diverso" rispetto agli esordi, pepe verde in sottofondo e un equilibrio aromi/sapori davvero riuscito. Il fumo cessa definitivamente di essere rustico e la finezza diventa dominante. La persistenza al palato è ottima, la forza costante.
Complessivamente un sigaro evolutivo dalle qualità enormi in termini di amalgama e finezza aromatica. La combustione e il tiraggio sono risultati da manuale. Un Bolìvar da incorniciare.
Dal punto di vista emozionale è un sigaro sicuramente più difficile rispetto alla media. Capirlo non è semplice, richiede grossa concentrazione nell'esame del puff così come nella lettura complessiva delle sensazioni. Ma le soddisfazioni sono davvero dietro l'angolo se solo si sa ascoltare con un po' di attenzione!

Valutazione complessiva: 92/100
Punti di forza: Finezza ed evoluzione
Punti deboli: Complessità

Abbinamenti:
Alcolico: Whiskey & Cola
Analcolico: Cappuccino
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Cohiba "Siglo V" (2007)

A crudo il sigaro non è foriero di grosse emozioni: un pizzico di legno e dolci sensazioni di miele sono solo minimamente percepibili. Il riempimento sembra eccessivo ma in realtà una volta acceso tutto procede per il meglio.
L'ingresso sentenzia senza mezze misure che siamo di fronte a un Cohiba di alto lignaggio: leggero pepe bianco, legno morbido e delicato, frutta a guscio (mandorla e noce) e una dolcezza aristocratica mai spinta e tuttavia incisiva e ricercata.
Il primo tercio entra subito nel vivo: il legno prende il sopravvento ma i sentori di miele e di frutta a guscio sono ben percepibili. Le spezie sono leggerissime e i sapori dolci sono molto generosi e caratteristici avvolgendo le papille gustative. La forza è bassa (2/5) e l'intensità aromatica è direttamente proporzionale alla carica nicotinica. Quindi, in sintesi, grande equilibrio di fondo.
Il secondo tercio è però meno emozionante, il sigaro si fa meno dolce e gli aromi si fanno meno complessi: l'eleganza e la finezza ci sono sempre (soprattutto in retrogusto) ma l'intensità non decolla e tutto rimane un po' in superficie. La forza è costante.
L'ultimo settore si fa più piccante (sempre pepe bianco) e incisivo dal punto di vista dell'intensità: ottimo legno, miele e noce ancora alla ribalta. Insomma, una ripresa in grande stile e un finale composto con forza in crescita (3/5).
Complessivamente un Cohiba di pregio, riconoscibile e molto rilassante ma forse non propriamente emozionante e solo leggermente evolutivo.
Dal punto di vista emozionale si tratta quindi di un sigaro un po' carente, di non difficile lettura.
Le sensazioni sono chiare in prima battuta ma c'è sempre dell'altro, se solo si aumenta il grado di concentrazione durante la fumata. Un sigaro dalle molteplici interpretazioni, più tecnico che emozionale.

Valutazione complessiva: 89/100
Punti forti: Finezza ed equilibrio
Punti deboli: Appagamento complessivo sufficiente

Abbinamenti:
Alcolico: Moscato d'Asti
Analcolico: Acqua tonica con limone
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Partagàs "8-9-8" Varnished (2008)

Esteticamente è perfetto: la chiusura della testa è esemplare, la capa colorado è ben tesa, liscia e profuma di sentori balsamici. A crudo molto legno antico e sapori tendenzialmente dolci.
L'attacco non è dei migliori: apertura amarognola con aromi terrosi e soprattutto minerali, l'equilibrio tra aromi e sapori è purtroppo precario.
Il primo tercio è invece complessivamente positivo, soprattutto nella parte finale del settore di fumata: i sapori si addolciscono, la nota amarognola "svolta" mentre sentori di legno, corteccia e mandorla fanno decollare la fumata. L'equilibrio è raggiunto, la forza è media (3/5).
Il tercio centrale vede l'aggiunta di note di caramello e punte balsamiche sulla solida base legnosa e di mandorla: l'amarognolo è un lontano ricordo e il fumo si fa cremoso, a tratti fruttato. L'intensità cresce esponenzialmente come la finezza degli aromi e la dolcezza di base. Forza costante.
Il tercio finale vede il caramello e le note zuccherine ancora alla ribalta: la persistenza è molto fine e complessa e l'evoluzione degli aromi di legno evidente. Ancora frutta guscio (nocciola) e leggere sensazioni speziate sulle labbra. Forza in leggera crescita (3,5/5).
Il finale è morbido, avvolgente, mai sopra le righe e appagante.
Complessivamente un sigaro molto evolutivo e complesso, con buona intensità, capace di sorprendere con i suoi cambi sensoriali. Fantastica la meccanica di fumata e il tiraggio.
Dal punto di vista emozionale si tratta di un sigaro capace di smuovere qualcosa, non per niente è uno dei sigari al quale l'aficionado risulta più affezionato in senso assoluto. L'amalgama aromatica e i continui cambi di ritmo dal punto di vista evolutivo lo mettono al centro dell'attenzione, sempre che il fumatore sia in grado di fornirgliene a sufficienza.

Valutazione complessiva: 91/100
Punti forti: Evoluzione e meccanica di fumata
Punti deboli: Ingresso di fumata un po' scomposto

Abbinamenti:
Alcolico: Birra Lager
Analcolico: Chinotto
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CONSIDERAZIONI FINALI:
L'esperienza complessiva di questi quattro sigari è altamente positiva. Tutte e quattro queste dalias si sono dimostrate performanti dal punto di vista meccanico (combustione e tiraggio) e hanno mostrato qualità aromatiche di gran pregio. La scelta finale è ricaduta sul Bolìvar (l'unico sigaro purtroppo non più in produzione) per il giusto mix di intensità, finezza e complessità aromatica, capace di "sfondare" il muro dei 90 punti senza grosse difficoltà. Fanalino di coda il Cohiba (con un voto comunque alto), che vanta il prezzo più elevato ma probabilmente necessita di più anni per una completa maturazione della liga.
La Gloria Cubana è risultato il sigaro più eclettico e aromatico (adatto quindi a più momenti della giornata) mentre il Partagàs si è dimostrato il più appagante dal punto di vista della complessità e il più evolutivo, anche se - come noto - non molto vicino alla tipicità marcaria che vede Partagas di solito primeggiare per forza e intensità. In ogni caso quattro grandi sigari cubani da fumare con grande piacere nelle circostanze migliori che voi possiate avere.